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Martedì, 13 Dicembre 2016 10:05

Martina Amadelli

Grazie a Ediland per aver concesso la possibilità di riprodurre testo e immagini pubblicate sul calendario Gente di Finale 2017 - Aprile

Venerdì, 25 Novembre 2016 15:04

Amintore Galli

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Amintore Galli, musicista, critico musicale e giornalista, fu direttore della scuola di musica e della banda musicale di Finale dal 1871 al 1873. La fama che ha saputo conquistarsi è dovuta principalmente alla sua attività di giornalista e critico musicale presso la casa editrice Sonzogno e per aver fornito, forse suo malgrado, la propria musica all'Inno dei Lavoratori scritto da Filippo Turati.
Il Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, indica i natali di Galli nella cittadina di Talamello, nel Montefeltro, il 12 ottobre del 1845. Non la pensano così, però, a Perticara, oggi frazione del Comune di Novafeltria, ma all'epoca della nascita di Galli, in effetti, frazione di Talamello. "Se dubbi non esistono sulla data di nascita – si legge sul sito internet della Pro Loco di Perticara – se è inconfutabile che quando il Galli venne alla luce i genitori Antonio Galli e Livia Signorini abitassero a Perticara nelle case dell'Amministrazione della Miniera di Zolfo, in quanto il padre fu inviato assieme ad altri tecnici della nuova proprietà della Miniera, la Soc. Sulfurea di Romagna a riattivare le produzioni di zolfo dopo il fallimento della vecchia società gestrice, sarebbe bene a questo punto capire il perché si continui ad asserire che il Galli nacque a Talamello, oppure se così fosse dare una spiegazione documentale di come la madre in quel preciso giorno potesse trovarsi a Talamello. Il piccolo Amintore fu battezzato a Talamello che al tempo poteva fregiarsi di avere la fonte battesimale, cosa che a Perticara non esisteva". A stabilire che l'effettivo luogo di nascita è Perticara e non Talamello è dunque l'atto n. 593, redatto dall'Arciprete Francesco Tomasetti, parroco di Talamello il 12 ottobre 1845 e conservato presso gli archivi di quella parrocchia.
Amintore cominciò gli studi musicali con lo zio Pio Galli, direttore della banda di Talamello. Terminato il ginnasio a Rimini, si trasferì a Milano dove completò gli studi musicali presso il Conservatorio. Qui entrò in contatto con l'ambiente artistico della Scapigliatura (movimento artistico e letterario della seconda metà del XIX secolo, che ripudiava la tradizione e ricercava un'originalità estrema) e conobbe Arrigo Boito, con cui visse nel 1866 l'esperienza di volontario garibaldino. L'anno successivo si diplomò al Conservatorio di Milano, ottenendo il gran premio di composizione con l'oratorio profano "Espiazione" e iniziò l'attività lavorativa come direttore di banda ad Amelia, in provincia di Terni. A Finale arrivò nel 1871 e diresse l'istituto musicale e la banda della Guardia Nazionale fino al 1873. Nella nostra città furono eseguite quattro sue riduzioni per banda di composizioni di grandi maestri e il nuovo Oratorio "Cristo al Golgota" e scrisse numerose musiche, buona parte delle quali sono ancora conservate in un fondo del nostro Archivio Storico Comunale "Cesare Frassoni". Riguardo la permanenza e il lavoro svolto da Galli nella nostra città, riportiamo brani di un articolo del periodico finalese "L'Educatore" n. 30 dell'11 maggio 1873, intitolato "Nostro Istituto Comunale di Musica", da cui traspare la figura e lo spessore del maestro. "Gli è con animo pieno di verace compiacenza - si legge nell'articolo - che registriamo l'esito luminosissimo sortito dal primo publico e solenne esperimento dato dagli Alunni del nostro Istituto Musicale, la sera del 4 corrente nel Civico Teatro. L'esperimento venne però nella sera di Sabato preceduto dall'esame individuale degli Alunni innanzi alla Giunta Municipale, a varii Consiglieri Comunali, ed altri emeriti cittadini, ed esaminatori furono due illustrazioni dell'arte musicale italiana, e cioè il Busi ed il Tofano, entrambi Professori presso il celebre Liceo Musicale Rossini della vicina Bologna. (...) L'indirizzo artistico dato agli studi dal Maestro Amintore Galli fu trovato corrispondente appieno al grado eminente cui pervenne l'Arte Musicale odierna. Ciò venne constatato mercè il Sistema Didattico addittato dal Galli, dall'esame degli Alunni a lui direttamente affidati, e dal successo dell'esperimento. (...) Noi ci consoliamo di questo avvenimento artistico affatto nuovo per Finale, e tale da emulare le grandi prove di studio dei principali Istituti di Musica". Poi il redattore dell'Educatore si dilunga enunciando i nomi degli studenti, molti dei quali risulteranno familiari anche ai finalesi di oggi: Rosilda Abottoni e Lucia Rivaroli, cantanti; Arturo Pirani, studente di composizione; Antonio Sgarbi, clarinettista (poi diventerà, sulle orme del padre, celebre liutaio); Ruggero Ziroldi, violinista; Silvio Azzali, studente di cornetto; Giovanni Verdi e Felice Zagnoli, Manfredo Ferrarini, strumentisti ad arco; Ferdinando Grillenzoni, basso. "Un encomio - prosegue l'articolo - spetta anche agli esecutori della brillante Fanfara di Rossini per sole quattro trombe; dell'elaborato Quartetto per strumenti d'arco del Galli e dell'altro stupendo Quartetto per clarini di Schindelmeisser. (...) Il Teatro - rigurgitante di spettatori - venne senza risparmio illuminato a giorno per cura del Municipio (che sostenne ogni spesa) in omaggio agli ospiti illustri ed a questo avvenimento musicale; ma copia di luce smagliante pioveva dai palchetti, ove le Dee dell'Olimpo Finalese, risplendevano in tutta dovizia delle loro attrattive. (...) Noi dopo questo chiudiamo l'articolo, dicendo, che l'Istituto Musicale Comunale non mancherà di vita e vigoria, sempre quando vi sia a capo persona egregia, e distinta come Amintore Galli, dal quale ci ripromettiamo buoni allievi da compensare le spese non lievi che incontra il nostro Municipio, per alimentare un tale Istituto. Ci asteniamo poi di far speciale elogio di Galli, sapendo che gli basta la coscienza d'aver fatto il proprio dovere, e non essere mai venuto meno alla giusta aspettativa in lui riposta per un così nobile e difficile incarico affidatogli".
Finale fu solo una tappa della carriera di Galli, carriera che si sviluppò, a partire dal 1874, principalmente a Milano, sostenuto e incoraggiato dall'editore Edoardo Sonzogno, al fianco del quale contribuì alla creazione (e divenne direttore) dello Stabilimento musicale che integrava l'attività della casa editrice (per il cui giornale "Il Secolo" era già da tempo critico musicale).
Fu proprio Galli a mettere in pratica una linea editoriale che si differenziava da quella dei concorrenti, in particolare da Ricordi. Vennero ideate e realizzate collane a prezzi popolari, come "La musica per tutti" e "Il teatro musicale giocoso" che proponevano riduzioni per canto e pianoforte di opere celebri (la prima fu "Il Barbiere di Siviglia" di Gioacchino Rossini, messa in vendita a una lira). Per molte di queste opere fu lo stesso Galli a realizzare le riduzioni e a scrivere prefazioni storiche e analitiche.
"Grazie a lui – si legge nella voce che lo riguarda del "Dizionario Biografico degli Italiani", edito da Treccani – Casa Sonzogno riuscì ad acquistare i diritti di molte operette straniere e opere (tra cui l'acquisto più clamoroso fu, forse, nel 1879 la Carmen di Bizet); di alcune partiture, il Galli curò personalmente l'edizione italiana, musicando i ricreativi che originariamente non avevano accompagnamento".
Diresse anche periodici strettamente collegati all'attività della Sonzogno, come il "Teatro illustrato" (1882-92) e "Musica popolare" (1882-85). Per incrementare il repertorio italiano – proprio attraverso il "Teatro illustrato" – furono banditi i concorsi Sonzogno, di cui Galli fu commissario, insieme con altri nomi di spicco, tra cui Amilcare Ponchielli. Nella seconda edizione del concorso (1889) trionfò la "Cavalleria rusticana" di Pietro Mascagni, al quale Galli rimase poi legato da profonda amicizia. Inoltre Galli, riuscì a far acquisire dalla Casa Sonzogno altre importanti opere come i "Pagliacci" di Leoncavallo.
Già nel 1878, Galli era stato chiamato al Conservatorio di Milano per sostituire il suo maestro Mazzucato negli insegnamenti di contrappunto e storia ed estetica della musica. Tra i suoi allievi più celebri Giacomo Puccini, Ruggero Leoncavallo e lo stesso Mascagni. Nel 1903 lasciò l'insegnamento al Conservatorio e l'anno successivo si dimise dalla direzione di Casa Sonzogno. Nel 1914 si ritirò nella sua Rimini dove morì l'8 dicembre 1919.
Una parte della sua fama è dovuta alle musiche che ha composto per l'Inno dei Lavoratori, le cui parole nacquero dalla penna di Filippo Turati. Musiche sulle cui modalità di composizione esistono più versioni, anche se Galli non ne ha mai rinnegato la scrittura, pagandone pure dirette conseguenze. "Il divertimento - scrive Massimo Dursi su Il Resto del Carlino del 4 luglio 1956 - si fece rischioso quando scoppiarono i tumulti del '98 e spararono i cannoni del tenente generale Bava Beccaris. Amintore Galli si vide mutato in un importante sovversivo, i suoi titoli furono in pericolo, uomini con la bombetta, i baffi nerissimi e le scarpe rimontate lo seguirono per la strada e qualche volta lo invitarono in Questura. Fu probabilmente allora che gli fu 'consigliato' di ritirare da tutte le edicole d'Italia le copie del Canto dei Lavoratori, divenuto 'grido di guerra dei socialisti'. Dovette spendere cinquemila lire, rimetterci cioè un mezzo podere". Secondo alcuni la musica dell'Inno sarebbe quella di una marcetta ideata da Galli per una società sportiva che poi non la fece propria e che lo stesso Turati gli avrebbe chiesto di poter utilizzare. Per altri, la musica avrebbe origine addirittura religiose. Lo sostiene il finalese Roberto Grossi che, il 5 dicembre 1904 annota sul suo diario che "fu tolta di peso da un vecchio tantum ergo (particolare inno liturgico, n.d.r.) cantato e suonato in queste chiese di Finale, e che lui più volte avrà diretto quando era qui maestro! Ironia del caso: un inno anarchico che s'ispira sul tantum ergo! Fatta la scoperta, non si fa più qui quell'arcivecchio tantum ergo, per non sentirselo accompagnato in chiesa dalle turbe colle parole dell'inno anarchico socialista".
A proposito di musiche religiose, in un articolo di un vecchissimo numero di "Voce che grida", troviamo – a firma P.G. – il racconto di un aneddoto (il ritrovamento di un libretto di musiche di Galli, edito dalla tipografia Rubbiani, "Meditazioni sulle parole pronunciate sulla croce. Musica di Galli prof. Amintore in occasione della solennità religiosa che ha luogo nella Chiesa detta della Buona Morte in Finale Emilia, il giorno 5 aprile 1901") che ci fa rivivere un evento della Finale di inizio XX secolo: "Il libriccino ha provocato in noi un ritorno all'età favolosa dell'infanzia e ci dà l'occasione di rievocare una tradizione che soltanto i vecchi ricordano: la solenne funzione delle tre ore d'agonia che si metteva in scena (è proprio il caso di dirlo) nel giorno del Venerdì Santo e per la quale il Galli aveva scritto la musica delle Meditazioni. Sì, ci siamo rivisti bambini, con i grandi occhi incantati, proprio come a teatro, pigiati fra la folla dei fedeli che stipava la Chiesa della Morte, ad aspettare con il cuore in gola il miracolo della discesa della Croce. Potremmo ancora disegnare, tanto vivo è il ricordo, lo scenario di macigni dall'alto dei quali il simulacro di Gesù in croce discendeva, in virtù di misteriose ed occulte puleggie ingranaggi e cremagliera, fino alla balaustra dell'altare per essere issato sul funereo baldacchino nero-oro e uscire poi nel sole della piazza Garibaldi tra il popolo inginocchiato mentre nel silenzio crepitavano improvvise, secche e disperate le tarantelle. Uno spettacolo, per noi bambini innocenti; ma anche per i grandi di allora la cui fede trasfigurava il cartone dipinto e la musica del maestro Galli. La musica del Galli: bella, brutta, appassionata o banale? Non sappiamo, il babbo, ci sembra di ricordare, la giudicava bella. Sarebbe interessante ricercarne il manoscritto nell'archivio della Congregazione della Buona Morte. Bello pure sarebbe ricomporre la macchina, ridipingere la grande montagna del Golgota, ritrovare quell'ingenua purezza che ci faceva sembrare sublimi le parole delle Meditazioni (...)".

Mercoledì, 19 Ottobre 2016 14:24

Ferruccio Trombi

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Ferruccio Trombi, medaglia d'oro al valor militare, nato il 2 agosto 1858 (le sue biografie sono discordanti sul luogo di nascita: alcune affermano sia stato Finale, altre Modena. Di certo si sa che era di famiglia finalese), morì il 28 novembre del 1915 a Oslavia, nel cui Sacrario è sepolto insieme ad altri 57 mila caduti italiani.
Così recita il dispaccio che ne annunciava il decesso: "Il Regio Esercito Italiano piange oggi la scomparsa del Maggiore Generale Ferruccio Trombi, comandante della Brigata Livorno. Veterano della campagna di Libia, Ferruccio Trombi ha combattuto a Tobruk e venne ferito gravemente nella battaglia di Bir Mofsel l'11 marzo 1912. Insignito dell'Ordine Militare di Savoia per la brillante e coraggiosa condotta negli scontri in Libia e a Rodi, venne promosso Maggiore Generale nel 1913 e posto a comando della Brigata Verona. All'inizio della guerra venne incaricato di guidare la Brigata Alessandria e combattè sul fronte dell'Isonzo. Ferito in un'azione sul San Michele, ancora convalescente pretese di tornare in prima linea e il 12 ottobre venne incaricato di prendere il comando della Brigata Livorno e seppe tenere alto lo spirito combattivo e il morale dei propri uomini durante i durissimi scontri per la conquista di quota 609 del Sabotino ed il fondo Val Peumica. Oggi, incaricato di guidare la presa di quota 188 di Oslavia, è stato colpito sulla via per raggiungere la prima linea. Investito dallo scoppio di una granata nemica, il Maggiore Generale Ferruccio Trombi è morto sul colpo".
Nemmeno un mese dopo, il 22 novembre 1915, gli veniva conferita la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione: "Comandante di settore al Sabotino, dal 18 al 27 novembre, prodigò inesauribili doti di energia, di valore, di perizia, per affrontare e superare una difficile situazione. Chiamato improvvisamente ad assumere la direzione delle operazioni in altro settore, accoglieva con entusiasmo l'incarico, e, nell'adempimento di esso, sulle linee più avanzate, ove erasi recato per rincuorare le truppe, colpito in pieno da un proiettile di artiglieria nemica, moriva da prode, suggellando con tale splendida fine sul campo dell'onore tutta la sua vita di fiero e valoroso soldato. Oslavia, 28 novembre 1915".
Ferruccio Trombi era il discendente di un'antica blasonata famiglia finalese. Scrive Umberto Baldoni nella sua Storia di Finale, "I Trombi oriundi da Bergamo e detti anticamente de' Manzili e de' Viviani. Andrea, soprannominato il Tromba, si stabilì al Finale al principio del XVI secolo. (...) Vari membri di questa famiglia furono priori, consiglieri del Comune, capitani e dottori. Vincenzo beneficò l'ospedale e altre opere pie del Finale. I Trombi si allearono a nobilissime famiglie e furono riconosciuti Conti palatini e nobili del Finale con decreto ministeriale 11 maggio 1891 in persona del generale Conte Vittorio Trombi e del fratello Conte Ferruccio".
Secondo il "Libro d'oro del Finale", lo stemma di casa Trombi è "spaccato e diviso da fascia rossa; il primo, campo oro all'aquila bicipite coronata oro in campo, tenente spada argento punta in alto, nell'artiglio sinistro, ed un tromba argento in quello destro; nel secondo, campo azzurro, all'albero verde terrazzato ed accostato da due leoni rampanti".
Attratto dalla vita militare, Ferruccio Trombi entrò alla Scuole Militare di Modena nel 1874. Nel 1877, nominato sottotenente di fanteria, fu assegnato al 31° reggimento della brigata Siena. Nel 1880 divenne tenente e nel 1887 capitano. Nel 1894 venne trasferito nel 12° reggimento e nel marzo 1898, con la promozione a maggiore, nel 63° della brigata Cagliari. Promosso tenente colonnello nel gennaio 1903, passò al 22° fanteria Cremona di cui divenne comandante nel maggio 1908 con il grado di colonnello.
Per l'opera prestata alle popolazioni calabre colpite dal terremoto nel dicembre 1908, gli fu assegnata una medaglia di bronzo di benemerenza.
Il giornale il Ponte di Pisa del 30 gennaio 1910 dà notizia del suo trasferimento in Somalia: "Il conte cav. colonnello Ferruccio Trombi, comandante il 22° fanteria di stanza nella nostra città, è stato messo con decreto di sabato 23 gennaio a disposizione del Ministero degli Esteri e destinato al Benadir ad assumere il comando delle truppe coloniali nella Somalia italiana. Il conte Trombi, che qui in Pisa aveva raccolto tante simpatie nel breve giro di pochi mesi per la intelligenza che lo distingue e per le doti della cortesia e dell'amabilità, è un ufficiale coltissimo che la fiducia del Governo ora non senza rincrescimento allontana da noi".
Con la dichiarazione di guerra alla Turchia, assunse il comando del 34° reggimento e prese parte, dal gennaio 1912, alla campagna di Libia. Fu poi a Rodi e Psitos e venne insignito dell'Ordine Militare di Savoia.
Promosso maggior generale alla fine del 1913, comandò la brigata Verona e, dal 1 febbraio 1914, a domanda, fu collocato nella riserva. Richiamato in servizio dal 1 marzo 1915, alla dichiarazione di guerra all'Austria, assunse il comando della brigata Alessandria con la quale combattè, fin dai primi giorni di guerra, sul fronte dell'Isonzo, prima di passare - al rientro da una convalescenza, dopo essere stato ferito sul S.Michele il 21 luglio - al comando della brigata Livorno.
Il Comune di Finale Emilia gli ha dedicato una via e nel corso di una solenne commemorazione, il 22 maggio del 1927, alla presenza del principe Filiberto di Savoia, Duca di Pistoia, durante la quale venne inaugurato il monumento ai caduti di piazza Baccarini, fu posata una lapide in marmo con una parte bronzea, sulla parete sud della Torre dell'Orologio, a ricordo delle sue gesta.
Lapide sparita e della quale, anni dopo, si recuperò solo la parte marmorea che, ristrutturata, venne ricollocata sulla Torre oggi crollata.
Dove siano finite le decorazioni in bronzo non si sa con certezza. In una lettera del 1 luglio 1952 il sindaco Mario Cestari risponde al prefetto di Modena che chiedeva informazioni sulla sorte della lapide, affermando che probabilmente la parte metallica è finita nell'operazione "Bronzo alla patria", che prese avvio nel 1940 a seguito della richiesta del Governo Mussolini di rimuovere e fondere, per scopi bellici, i monumenti in bronzo appartenenti a enti pubblici.

Martedì, 28 Giugno 2016 14:57

Giovanni Cipri

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Giovanni Cipri, che nacque a Finale nei primi anni del secolo XVI, è uno dei maggiori organari del Cinquecento. Il Dizionario Biografico degli Italiani edito dalla Treccani riporta un suo profilo: "Nei documenti il cognome è variamente indicato: accanto alle forme latine 'de Cipriis, de Cypro, Ciprie' stanno quelle in volgare 'Cipri, Cipria, Ciprio, Cipriotto', senza contare che regolarmente nei libri di contabilità di S. Petronio a Bologna egli figura come 'Zohane da Ferara'. La sua famiglia esercitava il commercio e la lavorazione del legname; fu questa forse la prima circostanza a favorire la sua inclinazione all'arte organaria. Nulla si sa della sua formazione".
Nel 1536 Cipri risiedeva già a Ferrara e doveva essere ormai un artigiano provetto, tanto da assumere a pochi mesi di distanza l'impegno di due commissioni prestigiose: la costruzione di nuovi organi per la Chiesa dei Servi a Ferrara (il 30 marzo) e per quella dei canonici regolari lateranensi di Piacenza (il 5 agosto).
A tre anni più tardi, risale invece la stipulazione del contratto per l'organo della Chiesa di S. Francesco a Carpi. Il 7 gennaio 1540 si impegnava a fornire un nuovo organo alla Collegiata (divenuta poi la Cattedrale) della stessa Carpi; lo strumento fu ultimato sollecitamente, tanto che il 29 settembre 1541 ne assumeva la manutenzione ordinaria.
Tra i tanti organi frutto del suo lavoro, anche quello della chiesa di S. Francesco a Modena (1547), della Chiesa del Suffragio a Ferrara (1551) e per la Chiesa di S. Domenico a Bologna (1551).
La costruzione di quest'ultimo è la prima notizia della sua attività in questa città, che di lì a poco diverrà la sua nuova residenza. A Bologna il 19 agosto del 1555 ottiene l'incarico per la costruzione del nuovo organo per la chiesa di S. Martino Maggiore (retta dai carmelitani, oggi Basilica) e poco tempo dopo, il 2 ottobre, è assunto come conservatore dell'organo di S. Petronio con il salario mensile di 3 lire, incarico ricoperto fino alla morte.
Non sono noti i motivi del suo trasferimento da Ferrara a Bologna. Resta in ogni caso abbastanza inspiegabile l'abbandono di una città come Ferrara, sede di una corte tra le più munifiche per l'attività artistica e musicale.
Nel 1556 ultimava l'organo di S. Martino, compiva un primo intervento all'organo di S. Petronio e intraprendeva la costruzione di quello per la chiesa di S. Domenico a Brescia. Nel 1560 compiva a Verona il restauro dell'organo della chiesa domenicana di S. Anastasia e ne costruiva uno nuovo per quella francescana di S. Fermo Maggiore; per quest'ultimo strumento risulta coadiuvato dal figlio Paolo. Alcuni anni dopo, tra il 1563 e 1564, effettuò un restauro all'organo di S. Petronio e vi aggiunse il flauto in duodecima. Agli inizi del 1566 risulta coinvolto in una fatto criminale per il quale il vicario della Curia vescovile di Bologna lo condanna – non si sa per quale reato - ad una multa di 50 scudi, al soggiorno coatto in alcune stanze poste sopra le volte della cattedrale e al bando per quattro anni dalle città e diocesi (bando a cui non verrà dato seguito). In commutazione della pena pecuniaria egli venne costretto dal capitolo della cattedrale al gratuito rifacimento dell'organo della cattedrale stessa.
Giovanni Cipri, prima di morire - verosimilmente a Bologna tra la fine di marzo e i primi di aprile del 1575 - volle lasciare un segno anche nella sua città natale realizzando, tra il 1571 e il 1573, l'organo del Duomo di Finale.
Quella dei Cipri fu una vera e propria dinastia di organari: "L'attività del Cipri – conclude il Dizionario Bibliografico Treccani - fu continuata dal figlio Paolo, che il 6 aprile 1575 gli succedeva nella carica di conservatore dell'organo di S. Petronio; conservò l'ufficio fino alla morte, sopraggiunta, forse a Bologna, qualche giorno prima del 27 giugno 1609. Altro figlio del Cipri fu Giuliano (anche Giulio nei documenti). Di lui si sa che nel 1576 costruì un organo nella chiesa di S. Giovanni Battista dei celestini a Bologna; nel 1583 costruì quello della chiesa di S. Francesco a Mirandola (di sette registri, a corista lombardo, riuscito di singolare armonia); nel 1588 compiva lavori di accordatura in quello di S. Francesco, sempre a Bologna. Figlio di Paolo fu Agostino: ne ereditò l'ufficio di accordatore stabile a S. Petronio dal 27 giugno 1609 fino alla morte, avvenuta, verosimilmente a Bologna, qualche giorno prima del 5 febbraio del 1615. Documenti settecenteschi attribuiscono ad Agostino gli organi delle chiese bolognesi della Beata Vergine del Soccorso (santuario di Borgo San Pietro) e della vicina chiesa di S. Maria della Mascarella".

Martedì, 28 Giugno 2016 11:40

Camillo e Clemente Coen

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Si era nella seconda metà dell'Ottocento quando da Angelo Coen e Giulia Venturina Formiggini venivano alla luce Camillo (1874) e Clemente (1878): i fratelli Coen finalesi.
Entrambi diplomati alla scuola tecnica Ignazio Calvi, i due fratelli scelsero però strade diverse. Il primo si laureò in Ingegneria a Bologna, mentre il secondo, ragioniere, fu direttore di banca, ma si dedicò principalmente al giornalismo, alla scrittura, alla musica e alle arti.
Da ingegnere di vaglia, Camillo Coen diresse i lavori di costruzione della celebre Galleria Colonna a Roma (oggi Galleria Alberto Sordi), inaugurata nel 1922, ma non solo. "Fra le sue numerose opere compiute – si legge nell'articolo pubblicato sulla Gazzetta di Modena del 20 luglio 1949 che ne annunciava la scomparsa – sono notevoli i lavori di costruzione del grande Sanatorio Antitubercolare di Cuneo, quelli del Grande Albergo delle Terme di Salsomaggiore, la difficilissima e delicata ricostruzione dello Stabilimento Termale di S.Giuliano di Pisa. Egli fu inoltre il geniale ideatore e creatore del primo Enopolio italiano (una sorta di cantina sociale ante-litteram, n.d.r.) con distilleria a Ciampino, che servì di modello per la costruzione dei successivi Enopoli eretti in Italia".
Clemente, invece, fu appassionato e competente cultore delle memorie storiche finalesi del nostro tempo e apprezzato giornalista, collaboratore di diverse testate già in giovane età.
Pur essendo figlio di genitori ebrei, a una certa età si fece battezzare e divenne fervente cristiano. Ciononostante dovette subire i soprusi delle leggi raggiali, cui sfuggì rifugiandosi nella zona di Canalazzo, dopo l'8 settembre 1943 e fino alla Liberazione.
Ispettore onorario dei monumenti della nostra zona e console del Touring Club Italiano, fu autore di una sintetica guida della città di Finale, pubblicata nel 1953 dalla Tipografia Banzi e conservata nella nostra Biblioteca Pederiali.
"Coen era una delle figure più care e conosciute dei nostri tempi. Parlatore fecondo e preciso, narratore e poeta brillante – scriveva Mario Morselli sulla Gazzetta dell'Emilia del 26 ottobre 1962, ricordandone la scomparsa avvenuta qualche giorno prima, il 23 ottobre, nella Casa di Riposo di Finale, dove era ospite da qualche tempo - ha preferito come tanti altri nostri studiosi, restare in provincia, lavorare nel paese natio. Fu collaboratore della Gazzetta sin dai tempi di Cesare Viaggi, appartenendo a quella schiera di modesti, a volte umili, ma tanto valorosi amici del giornale che hanno lasciato non soltanto una impronta nella vita artistica modenese e nazionale, ma anche un esempio di costume e virtù espresse nelle loro opere, nei loro scritti mai dimenticando la terra che aveva dato loro i natali. E' stato attraverso le pagine della Gazzetta che Coen ha dato saggio della sua vena poetica, della sua fantasia di narratore e di fedele cronista e storico".
Clemente Coen fu comunque conosciuto e apprezzato soprattutto per la sua attività di librettista. Il legame più forte lo ebbe con il maestro Luigi Gazzotti, di cui fu fedele amico e collaboratore fino alla morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1923, a soli 37 anni. Per le sue musiche scrisse il libretto dell'opera lirica in tre atti "Lo zingaro cieco" che ebbe un notevole successo. Sempre per Gazzotti scrisse il libretto de "Il campanaro di Camalò", che fu l'ultima opera che il maestro vignolese musicò. Sulle musiche di Gazzotti scrisse anche diverse cantate corali, alcune rimaste inedite.
Diversi i testi di Coen scritti anche per le musiche di Ettore Orlandi: "Sergio e Fantina", quadretto lirico in un atto e gli inediti "Anna Maria", opera lirica in tre atti, "Leggenda del Po", favola romantica in tre atti; "Fiorio e Biancifiore", leggenda in tre atti, "Mirandolina", opera lirica in tre atti. Sempre per le musiche di Orlandi, trascrisse in operetta "La secchia rapita", che venne rappresentata solo in parte – con successo e grande divertimento del pubblico – sotto il titolo de "Il conte di Culagna".
L'ultimo tra i suoi lavori che vide personalmente andare in scena fu "Rossana", opera lirica in tre atti per la musica di Quirino Azzolini, rappresentata al Teatro Municipale di Modena negli anni Cinquanta del secolo scorso.
Nel 1973, invece, l'Orchestra del Teatro Lirico di Saluzzo, propose per la prima volta l'opera lirica "Nunziatella" su musiche del maestro siciliano Luigi Ingo e libretto di Clemente Coen.
Coen fu pure autore del testo dell'Inno dell'Associazione Nazionale Combattenti di Modena. Tra il materiale inedito conservato in Biblioteca, si trova anche la traccia per la sceneggiatura di un film storico-patriottico, che ha per protagonisti due personaggi modenesi: la Contessa Testi e Ciro Menotti.

 

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Mercoledì, 15 Giugno 2016 14:59

Mario "Paolo" Vincenzi

Grazie a Ediland per aver concesso la possibilità di riprodurre testo e immagini pubblicate sul calendario Gente di Finale 2016 - Luglio

Mercoledì, 15 Giugno 2016 14:58

Pietro "Enzo" Tassini

Grazie a Ediland per aver concesso la possibilità di riprodurre testo e immagini pubblicate sul calendario Gente di Finale 2016 - Settembre

Mercoledì, 15 Giugno 2016 14:58

Bruno Tassi

Grazie a Ediland per aver concesso la possibilità di riprodurre testo e immagini pubblicate sul calendario Gente di Finale 2016 - Dicembre

Mercoledì, 15 Giugno 2016 14:57

Arrigo Resca

Grazie a Ediland per aver concesso la possibilità di riprodurre testo e immagini pubblicate sul calendario Gente di Finale 2016 - Febbraio

Mercoledì, 15 Giugno 2016 14:56

Idalgo Paltrinieri

Grazie a Ediland per aver concesso la possibilità di riprodurre testo e immagini pubblicate sul calendario Gente di Finale 2016 - Ottobre

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