intestazione2018 1

Sede provvisoria Via Monte Grappa 6 - 41034 Finale Emilia (MO) - Centralino Tel. 0535.788111 - Fax. 0535788130P.E.C. comunefinale@cert.comune.finale-emilia.mo.it 

IBAN: IT82E0611566750000000133314 - SWIFT CRCEIT2C -  Poste Italiane - c/c 14767412 - Iban IT35N0760112900000014767412

Domenica 3 Dicembre 2023

 RERALLERTE2017 

     Seguici anche su:

   facebook-logotwitterGoogle-Plus-Logo2logo youtube

Cerca nel sito del Comune di Finale Emilia

Notizie sul Territorio

189px-Map of comune of Finale Emilia (province of Mod

LE ORIGINI DEL NOME

Finale deriva dall'espressione locus finalis, che significa luogo di confine. Il nome è in relazione con la sua posizione che anche anticamente era posta al confine tra il Ducato di Modena e lo Stato pontificio. Fino al 1863 si chiamava Finale di Modena, poi con la sua inclusione nel Regno d'Italia fu definitivamente chiamato Finale Emilia

I CONFINI DEL COMUNE:
a nord/nord est con Bondeno; a est con Cento; a sud con Crevalcore e Camposanto; a ovest con San Felice sul Panaro; a nord/nord ovest con Mirandola

IL TERRITORIO E LA SUA EVOLUZIONE
Nella preistoria il territorio di Finale era un'ampia palude in cui le poche terre emergenti tra selve e acquitrini erano soggette a continue modifiche per l'instabilità degli alvei dei fiumi, perciò un territorio difficilmente accessibile e abitabile. È probabile che la zona di Finale, fin dalla colonizzazione romana, costituisse un importante nodo strategico, essendo situata tra le maggiori vie di comunicazione del tempo: i fiumi Po, Panaro, Secchia e Reno che confluivano in prossimità dell'attuale territorio finalese costituivano le vie d'acqua per raggiungere il mare e quindi i maggiori porti del nord come Aquileia e Classe.
Come attesta lo stesso toponimo, la struttura insediativa storica di Finale è legata essenzialmente alla sua posizione di confine, ma è il sistema idrografico della bassa modenese che ha costituito l'elemento fondamentale per l'insediamento storico del territorio finalese. Sino alla fine del XV secolo, pur con l'intervento dell'uomo, il paesaggio era costituito da dossi, corrispondenti ad alvei o paleoalvei (tracce di alvei fluviali abbandonati dal corso d'acqua) e valli che rappresentavano le naturali "casse d'espansione" dei corsi d'acqua, cioè le aree semi-sommergibili, entro le quali si riversavano le acque di piena che tracimavano dagli argini. Ed era sui dossi, allungati, larghi da qualche centinaio di metri a un paio di chilometri, che si concentravano gli insediamenti umani. Nelle zone di bassa pianura la navigazione fluviale era affiancata dalla navigazione nelle paludi, negli stagni e negli acquitrini che, collegati tra loro, offrivano un gran numero di direttrici per gli spostamenti a breve raggio. In molti casi, soprattutto in età altomedievale le vie d'acqua erano probabilmente l'unico mezzo a disposizone per introdursi all'interno di ampi spazi incolti, difficilmente penetrabili via terra.
Il territorio finalese dal IX secolo è stato interessato dal bacino idrografico del Secchia e dal Naviglio di Modena, poi, dal XV secolo dal Panaro. Il fiume Secchia, fino ai secoli XII-XIII dopo aver seguito un andamento sud-nord sino a Cavezzo, dirottava poi con direzione ovest-est per immettersi nel Po di Ferrara presso Bondeno. In questo tratto scorreva poco a nord di Massa e ad est di Finale. Da Massa passava il suo ramo secondario, Aqualonga, sul quale erano ubicati due porti: Massa Finalese e Salario. A Finale, invece, si immetteva nel Secchia il Naviglio di Modena.
Nel XIII secolo (o tra il 1288 e il 1360), il corso del Secchia fu deviato nel suo tratto ovest-est in direzione sud-nord per raggiungere direttamente il Po, attraverso Quistello, dove fu inalveato nell'antico alveo del Po.
Il Panaro, che precedentemente si univa al Secchia poco prima di Bondeno attraversando il territorio abbaziale di Nonantola e interessando quello bolognese, tra il XIV e il XV secolo venne deviato nell'alveo del Naviglio di Modena presso Bomporto. Quindi tra i secoli XIV-XV il territorio finalese, prima interessato dalla rete idrografica del Secchia-Naviglio passa alla rete del Naviglio-Panaro. Naviglio che costituiva l'elemento di collegamento diretto con Modena.
Per quanto riguarda la mobilità via terra, un'importante percorso medievale che interessava il territorio finalese poteva essere riconosciuto in un tracciato che da San Felice sul Panaro, conduceva a Finale Emilia e quindi a Ferrara. Tracciato che probabilmente era già attivo nell'alto medioevo e coincide ora con una successione di vie, in parte declassate, che ricalcano esattamente l'antico alveo del fiume Secchia medievale.
A sud di Finale, il Panaro si divideva in due rami: verso est si dirigeva nel Reno Cavamento, dal quale venne separato dal XVI secolo dallo "Zocco del Muro", cioè da una soglia fissa per lo sfioro delle acque di piena. Le navi erano perciò costrette a proseguire nel ramo della Lunga diretto verso nord, cioè all'interno della città dove era ubicato il porto e la sua conca, luogo di attesa per marinai e mercanti. Il ramo della Lunga, all'uscita della città proseguiva verso nord, nelle valli di Finale, compiendo un'ampia voluta, su cui sorsero i grandi palazzi della Quiete (già degli Obici) e dei nobili finalesi Farolfi, Finetti, Cattani, Grillenzoni.
Il successo del sistema Naviglio-Panaro non fu solo conseguenza di alcune fortunate circostanze naturali, ma anche di una serie di interventi dell'uomo, sovrapposti nel tempo, che ne garantirono il buon funzionamento per secoli. Per gli Estensi, una volta abbandonata Ferrara, alla fine del XVI secolo, il Naviglio-Panaro rappresentava l'unica via di accesso al mare e quindi a Venezia. Dopo la Restaurazione, negli anni Quaranta del XIX secolo, il duca Francesco IV dovette affrontare con urgenza un generale riordino della rete idraulica del suo stato, poiché alluvioni e allagamenti avevano interessato diverse zone del territorio ducale nei primi decenni del secolo, ma soprattutto era in gioco la sopravvivenza stessa di Finale dove l'alveo cittadino del ramo della Lunga innalzava progressivamente il suo fondo. Nel 1847 l'ingegnere idraulico Elia Lombardini decise di sopprimere il ramo della Lunga, ma l'intervento fu attuato solo alla fine del secolo, quando si diedero inizio ai lavori del nuovo alveo per il Panaro facendo scomparire il ramo cittadino con le sue conche e il canale dei mulini (1898 circa). È proprio con l'immissione del Panaro della Lunga in Cavamento che, oltre a modificarsi l'intero assetto urbanistico della città, si trasformò l'intera economia del territorio finalese: venendo meno la floridezza commerciale della città, dovuta alla navigazione fluviale, l'agricoltura divenne il settore economico principale.

 

Questo sito utilizza cookie proprietari e di terze parti per fornirti un servizio migliore, qui puoi trovare tute le informazioni inerenti l'utilizzo dei cookie (Coookie policy). In ottemperanza al regolamento generale sulla protezione dei dati GDPR (UE) 2016/679 consulta la nostra privacy policy (Privacy policy) Accetto l'utilizzo dei cookie per questo sito. To find out more about the cookies we use and how to delete them, see our privacy policy.

I accept cookies from this site.

EU Cookie Directive Module Information